L'importanza del ruolo del difensore nelle indagini preliminari

L'importanza del ruolo del difensore nelle indagini preliminari

L’attività investigativa dell’avvocato ha un ruolo di primaria importanza dal momento che, attraverso tali indagini, egli ha la possibilità di raccogliere tutti quegli elementi (documenti, rilievi tecnici e scientifici, dichiarazioni, risultanze tecniche,  ecc.) necessari per scagionare il proprio assistito o, quantomeno, per ridimensionarne la responsabilità penale ovvero l'applicazione della pena.

 

Il Pubblico Ministero ha il compito di coordinare l’attività investigativa; accanto a lui si muovono la Polizia Giudiziaria ed il difensore. Un’attività di “giurisdizione di garanzia” viene invece esercitata dal Giudice delle Indagini Preliminari (GIP) che interviene al fine di garantire la legalità delle operazioni di indagine. Una volta ricevuta la “notitia criminis”, il Pubblico Ministero ricerca e raccoglie le prove a carico dell'indagato/imputato al fine di decidere se esercitare l'azione penale o, in alternativa, fare richiesta di archiviazione.

In passato, in questa fase iniziale del processo,  il ruolo del difensore era assolutamente passivo; attualmente invece egli riveste  un ruolo del tutto diverso, ovvero quello di soggetto incaricato di far valere la posizione e gli interessi del proprio assistito. Inizialmente l’art. 38 disp.att. c.p.p. "Facoltà dei difensori per l'esercizio del diritto alla prova" gli riconosceva la facoltà di presentare direttamente al Giudice gli elementi probatori ritenuti rilevanti ed ottenere quindi l'inserimento della suddetta documentazione nel fascicolo delle indagini preliminari. Questo articolo è stato però abrogato dall'art. 23 della Legge n. 397 del 07.12.2000 che ha introdotto gli artt. 391 - bis e segg. c.p.p., ovvero le "Investigazioni difensive". Notiamo quindi una sostanziale modifica nel nostro sistema penale, in particolare nella fase fondamentale delle indagini preliminari; il ruolo del P.M. viene significativamente ridimensionato, a vantaggio di quello del difensore che, sin dalle primissime fasi del processo penale, ha il compito di assicurare ab initio, anche in sede di indagini, un'ottima difesa tecnica. Assume così una notevole importanza il rapporto tra assistito ed avvocato,  in mancanza del quale difensori si troverebbero ad operare senza quelle preziose informazioni che solo l'assistito è in grado di fornire.

Il diritto di difesa, costituzionalmente garantito ex art. 24 Cost., deve essere perciò inteso come potere di assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di ogni processo, al fine di assicurare il contraddittorio e rimuovere ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti.

L'art. 327 bis c.p.p. "Attività investigative del difensore" recita " Fin dal momento dell'incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI bis del presente libro. La facoltà indicata al comma 1 può essere attribuita per l'esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell'esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione. Le attività previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici".

Tale norma si rivela importantissima in quanto evidenzia innanzitutto il ruolo "da protagonista" che viene riconosciuto dal Legislatore al difensore in tale fase e, inoltre, indica il momento a partire dal quale è possibile lo svolgimento delle indagini difensive. Detta facoltà può esercitarsi sin dal momento del conferimento dell'incarico professionale e ciò indipendentemente dalla instaurazione di un procedimento penale a seguito dell'iscrizione oggettiva nel registro delle notizie di reato ex art. 335 c.p.p.

Come previsto dall'ultimo comma dell'art. 327 bis c.p.p., se è necessario, possono intervenire nello scenario del crimine per svolgere attività di indagine, su incarico del difensore, investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, consulenti tecnici.

L’art. 391 nonies c.p.p., rubricato "Attività investigativa preventiva" prevede che le indagini possono aver luogo anche preventivamente rispetto ad un procedimento penale, la cui instaurazione è solo ipotetica. La norma stabilisce che il mandato professionale deve risultare da atto scritto, in conformità a quanto stabilito dall'art. 96 c.p.p.

L’art. 391 septies c.p.p. " Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico" e l'art. 391 sexies c.p.p. " Accesso ai luoghi e documentazione" stabiliscono che  il difensore ha diritto all'accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico anche se si tratta comunque di un accesso condizionato in quanto è necessario ottenere un'autorizzazione.

Ma chi è il soggetto legittimato a prestare il consenso per l'accesso ai luoghi privati?

Fino al momento in cui non interverrà la Polizia Giudiziaria, il soggetto legittimato sarà colui che ha la disponibilità del luogo e che ha la possibilità di esercitare sullo stesso uno ius excludendi, in quanto proprietario, possessore o titolo equiparato.

Con l'intervento della Polizia Giudiziaria, che subentra nel suddetto diritto,  in caso di diniego di accesso ai luoghi da parte della stessa, al difensore non resterà che formulare al Giudice - GIP- istanza di autorizzazione.

E’ altresì importante sottolineare che, una volta assunta dal dominus - PM la direzione delle indagini, si trasferirà in capo a costui il potere di disponibilità del luogo, con la conseguenza che il difensore, al fine di poter procedere al sopralluogo, dovrà interpellare prima il PM, e, in caso di diniego, il Giudice.

Dalla norma ex art. 391 sexies c.p.p. si desume che non vi è obbligo per il difensore di redigere verbale di sopralluogo e delle operazioni connesse. Essa recita infatti  "[…] il difensore, il sostituto e gli ausiliari indicati nell'articolo 391 bis possono redigere un verbale nel quale sono riportati: a) la data e il luogo dell'accesso; b) le proprie generalità e quelle delle persone intervenute; c) la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose; d) l'indicazione degli eventuali rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi eseguiti, che fanno parte integrante dell'atto e sono allegati al medesimo. Il verbale è sottoscritto dalle persone intervenute".

Il termine "possono" esclude quindi l'obbligatorietà e sottintende che, qualora il difensore decidesse di dare un valore processuale all'attività espletata, non potrà che farlo a mezzo di verbale delle operazioni compiute che verrà poi inserito nel fascicolo di cui all'art. 391 octies c.p.p. " Fascicolo del difensore".

Per le indagini in luogo pubblico il difensore, per poter accedere ed effettuare il sopralluogo e le attività connesse, deve, come nella prima ipotesi, avanzare richiesta di autorizzazione alla Polizia Giudiziaria, poi al PM e, da ultimo, in caso di diniego, al Giudice - GIP.

Quale attività può svolgere il difensore che ha l'accesso ai luoghi?

L’art. 391 sexies c.p.p. parla di accesso finalizzato a "prendere visione dello stato dei luoghi, ovvero per procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi tecnici grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi".

Ai sensi dell'art. 391 decies c.p.p. il difensore può compiere accertamenti tecnici non ripetibili. In questo caso "[…]il difensore deve darne avviso, senza ritardo, al pubblico ministero per l'esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili,dall'art.360[...]."

Ai sensi del comma 2 dell'art. 391 decies c.p.p. si desume anche che il difensore può compiere "atti non ripetibili",  in tal caso il PM avrà mera facoltà di intervento senza diritto di preavviso.

Nel caso in cui la scena del crimine sia sottoposta a sequestro da parte dell’Autorità Giudiziaria, il limite per l’attività investigativa del difensore diventa decisamente invalicabile.

L'art. 14 del Codice deontologico forense "Dovere di verità" statuisce "l'avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove false. In particolare, il difensore non può assumere a verbale né introdurre dichiarazioni di persone informate dei fatti che sappia essere false". Egli deve procedere all'attività investigativa nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza ed onestà al fine di garantire la Verità di tutta l'attività espletata e la realizzazione del giusto processo reclamato dall'art. 111 Cost.

E’ suo dovere quindi non produrre in giudizio atti sfavorevoli e gli è fatto divieto di formare atti falsi sia pure solo per omissione.

 

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